Per dimensione spirituale non si intende solo l’aspetto religioso o
confessionale (vale a dire determinato dall’adesione ad una
particolare confessione religiosa), ma bensì i più ampi
ambiti di valori e convinzioni profonde che compongono la complessità
della spiritualità umana.I bisogni spirituali nascono con
l’uomo stesso ed evolvono con lo sviluppo della persona. Tali
bisogni possono manifestarsi come sofferenza spirituale durante la
fase avanzata della malattia, in modo particolare con l’avvicinamento
alla morte.
Cicely Saunders ha
sviluppato pionieristicamente questo tema, richiamandoci alla
necessità di prestare attenzione a tutte le dimensioni della
persona, nel parlare di “dolore totale”, inteso
come dolore fisico, emozionale, sociale e spirituale. Riteniamo
pertanto che l’attenzione ai bisogni spirituali sia
imprescindibile, perché connessa con la cura complessiva della
persona stessa.
Cristine Puchalski ha
evidenziato la necessità di raccogliere un’anamnesi spirituale
come momento essenziale dell’incontro del malato con il personale
sanitario e di come sia indispensabile un percorso formativo per il
personale sanitario cominciando dai medici.
Pertanto l’equipe deve essere
consapevole che i sintomi di sofferenza fisica e quelli di sofferenza
interiore richiedono la stessa attenzione, che spesso coesistono e
che si potenziano a vicenda, determinando quello che è definito, e
sopra richiamato, “dolore totale”.
In ogni
equipe deve essere sviluppata una sensibilità e un’apertura ai
bisogni spirituali dei malati. I ministri di culto, già riconosciuti
come gli operatori più indicati, possono operare in interazione con
altri professionisti che già ora possono occuparsi anche di
accompagnamento spirituale quali il mediatore culturale, il
counsellor transpersonale e/o filosofico, la guida spirituale laica
che quindi possiamo definire “assistenti spirituali”.
Nei paesi anglosassoni questi percorsi sono sperimentati da diversi
anni e hanno prodotto pratiche di accompagnamento molto efficaci per
tutte le persone che non professano un credo religioso specifico e
che tuttavia sono fortemente interessate alla propria ricerca
spirituale. Compito specifico dell’assistente spirituale è anche
quello di individuare per ciascun malato, nei diversi setting
assistenziali, la miglior risposta ai bisogni spirituali,
considerando l’appartenenza religiosa e/o culturale del malato.
Per
questo motivo è opportuno che sia disponibile un repertorio di
nominativi di individui, associazioni, ed enti competenti, capaci di
accompagnare il malato, su richiesta dello stesso, rispondendo ai
suoi bisogni spirituali.
È inoltre importante tenere presente
che la sofferenza esistenziale, così come quella spirituale, non
sempre può essere annullata, neppure con il miglior trattamento di
cure palliative, perché facente parte dell’esistenza umana e che,
talvolta, gli stessi malati esprimono il desiderio di rimanere
consapevoli del proprio stato di sofferenza e vigili.
Tale volontà
del malato va rispettata nonostante un’eventuale difficoltà dei
familiari o dell’equipe a confrontarsi con tale sofferenza.
L’angoscia dei familiari o dell’equipe non deve pertanto
interferire con il dovuto rispetto delle volontà del malato
ricorrendo in maniera impropria ad una scelta di sedare il paziente.
I presupposti per un adeguato
accompagnamento spirituale sono che l’equipe riconosca il bisogno
spirituale.
È pertanto necessario che:
venga prestata particolare
attenzione al bisogno di riconciliazione del malato verso sé
stesso, verso i familiari e, per i credenti, verso Dio. Il compito e
la responsabilità degli operatori sanitari è quello di permettere
al malato di esprimere i propri bisogni spirituali e di
riconciliazione (accogliendo sentimenti di sentirsi abbandonati,
puniti, in colpa o esclusi, di essere alla ricerca di senso, alla
ricerca dell’Assoluto, del porsi domande sul dopo morte, di
sentire il bisogno di pregare);
gli operatori sanitari considerino
come, talvolta, anche i bisogni spirituali non riconosciuti o non
adeguatamente soddisfatti, possono manifestarsi attraverso
espressioni somatiche e/o emotive con sintomi quali l’ansia o
l’agitazione;
i malati e i loro familiari
possano trovare negli stessi operatori sanitari persone con le quali
dialogare sugli aspetti profondi dell’esistenza, dialogare sulla
prospettiva della morte e della propria morte, nella comune
consapevolezza che talvolta la malattia può aiutare a comprendere
il senso della propria vita;
gli operatori, proprio
perché adeguatamente formati, sappiano comprendere e
rispettare le esigenze di ordine spirituale del malato, rispettando
i momenti del dialogo spirituale e l’esercizio delle pratiche che
ne conseguono (per es. non interrompendo momenti di comunicazione o
riti religiosi/spirituali);
gli stessi operatori abbiano
consapevolezza della propria dimensione spirituale per poter aiutare
le persone loro affidate, senza sviluppare proiezioni indebite.
Domande chiave:
È stata data al malato la
possibilità di manifestare i suoi bisogni spirituali?
Si è fatto il possibile per
rispondere a tali bisogni?
L’organizzazione delle attività
assistenziali prevede spazi e momenti per affrontare i problemi di
natura spirituale?
L’Associazione Dare Protezione aderisce idealmente al Movimento Hospice riconoscendolo come un movimento per il rispetto dei diritti del morente e per le citate caratteristiche ha ricevuto il patrocinio dell’ UnioneBuddista Italiana. Condividiamo pienamente la filosofia originale delle Cure Palliative proposte da Cicely Saunders, Kubler-Ross e Marie De Hennezel.
attraverso eventi organizzati allo scopo di raccogliere fondi da devolvere a Dare protezione
attraverso concerti organizzati allo scopo di raccogliere fondi da devolvere a Dare protezione